giovedì, agosto 02, 2012

Imperfezioni a Labante

La fotografia è un mezzo espressivo, serve perciò per comunicare qualcosa.
Quando parliamo alla gente, agli amici o anche a noi stessi, per chi frequenta la neuro, non sempre usiamo un lessico esatto, una grammatica impeccabile o la più indicata forma di rispetto per l'interlocutore. Scappa il congiuntivo, un accento preso nella folla origliando in maniera coatta la telefonata insolente del vicino arrogante, la parola di più che a qualcuno offende e a tutti spiega meglio di mille frasi, la punteggiatura seminata. Imperfezioni. Io apprezzo la forma come qualità estetica del tutto irrinunciabile quanto se non oltre il messaggio stesso. Quantomeno in negativo la questione è per me escludente: una forma rozza o volgare, come la prima impressione di una nuova conoscenza, mi limita nell'approfondire... ma qui andiamo oltre l'imperfezione. L'imperfezione può essere creativa, può aggiungere e non togliere. L'imperfezione può essere parte integrante, un valore aggiunto alla comunicazione. Per capirci: tutti noi abbiamo ben in mente quel genio della parola che è Trapattoni.
Quando il mezzo espressivo è la fotografia le imperfezioni sono gli errori di esposizione, i riflessi, il rumore, il mosso, ecc.ecc... tutte caratteristiche che se volute, controllate, gestite possono essere parte integrante, assumere valore estetico, portare a destinazione un messaggio. E allora, come scritto da Rodolfo Serpi sul suo blog, si assiste ad una ricerca in direzione contraria a quella della qualità pura: un ritorno al passato o, meglio, una ricerca puramente estetica sul risultato finale che si vuole retrò. Il bianco e nero sono come un capo che non passa mai di moda. Le foto da vecchio baule trovato in soffitta ottenute con Instagram sono ubiquitarie.

Non per volerne fare un discorso dal gusto un po' snob ma... di tutto ciò che si vede si salva comunque poco: gli automatismi di certe app fanno foto mediamente decenti ma identiche, per tutti.

La foto che segue è stata acquisita ragionando sullo scatto, il riflesso ben visibile sul lato sinistro della cascata non è stato cercato ma è stato comunque messo in conto a tempo di ripresa.
Uso sempre l'esposimetro in funzione spot della mia Alpha390 e questo, oltre alla mia (limitatissima) esperienza, mi aveva avvertito dell'estrema variabilità della scena che segue. Il sole quasi nell'inquadratura e l'ombra... non c'è modo di portare su carta questa gamma di esposizioni. Bene, il ragionamento è stato quello di riuscire a comunicare la luce della scena senza rinunciare a troppi dettagli nelle ombre. Volevo che le goccioline brillassero come scintille. Ho scelto di esporre per le zone in ombra sapendo che avrei bruciato le luci sulle quali però, in post produzione, c'è di gran lunga più margine per recuperare. La ripresa è stata fatta da quell'angolo perché volevo che il sole fosse molto vicino all'inquadratura: luce, natura, acqua... vita. Il riflesso (lens flare) era nel conto, non avrebbe tolto nulla alla foto.


Dati di scatto: 1/160 sec, f/11, ISO 400, obiettivo SONY SAL35F18. Probabilmente se non avessi usato il filtro skylight il riflesso sarebbe stato assente o più limitato... e magari la foto più banale.

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